Sulla scelta di alcuni candidati di non rispondere all’orale dell’esame di maturità

In questo scorcio di inizio estate sembra essersi affermata una piccola moda: fare volontariamente scena muta all’esame orale di maturità.
È possibile perché il voto finale è dato da: crediti scolastici (fino a 40 punti) + prima prova scritta alla maturità (fino a 20 punti), + seconda prova scritta alla maturità (fino a 20 punti), + esame orale alla maturità (fino a 20 punti). Così chi ha già accumulato, tra crediti scolastici e prove scritte, il minimo richiesto per conseguire la maturità (60 punti) può decidere di non rispondere nulla all’esame orale.
Probabilmente non bisogna dare molta importanza al fenomeno finora alimentato, a quanto è dato sapere, da un pugno di maturandi: se il sistema alla fine legittima questa possibilità, perché stupirsi?
Al più, se fossi un Presidente di Commissione molto pignolo e indispettito, di fronte ad uno studente che all’esame non dice una parola mi sorgerebbe il dubbio che né i crediti maturati negli anni né le prove scritte siano frutto del sacco del candidato: così sospenderei la proclamazione della maturità e disporrei i necessari accertamenti circa la paternità degli scritti e delle attività che hanno portato a conseguire i crediti negli anni e solo dopo (magari dopo qualche anno: si sa quanto sia lenta la burocrazia in Italia) rilascerei il diploma… [scherzo: non sono né pignolo né indispettito].
La vicenda suggerisce alcune considerazioni che coincidono con le cose che direi a questi diciottenni se avessi l’occasione di parlare con loro.
1. Colpisce il carattere isolato di queste iniziative. Se l’obiettivo è denunciare le carenze della scuola e/o degli insegnanti e/o dell’esame di maturità perché non organizzare una protesta collettiva coinvolgendo un numero significativo di studenti di tutta Italia? Perché costa fatica organizzare? O perché conta solo il proprio disagio? La convinzione di essere una monade e di dover risolvere i problemi da soli sarebbe il frutto avvelenato del nostro sistema formativo, ma se così fosse sarebbe un campanello d’allarme inquietante. In un film di qualche anno fa dedicato proprio all’esame di maturità («Notte prima degli esami») di fronte al Presidente di Commissione pignolo che non vuole ammettere alla prova scritta il protagonista giunto in ritardo, tutta la classe dice: «Se non sostiene l’esame lui, non lo sosteniamo neanche noi»; ed è proprio la presa di posizione collettiva a far recedere il professore “tutto d’un pezzo”.
2. La scelta di non rispondere alle domande d’esame potrebbe essere considerato un atto di disobbedienza civile. Alcuni decenni fa molti giovani lottarono perché venisse riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza (ovvero: non essere obbligati a prestare il servizio militare). Pagarono con il carcere la loro scelta fino a quando non venne approvata la legge che riconobbe quel diritto. A difesa di quei giovani intervenne Don Milani che spiegò come la disobbedienza sia un processo critico di assunzione di responsabilità. Don Milani subì a propria volta un processo penale per aver scritto una lettera ai cappellani militari in difesa degli obiettori. E nella sentenza di assoluzione del 1966 i giudici scrissero: «L’ammirazione del Milani non va all’atto di ribellione alla legge in sé e per sé, ma alla capacità di sacrificio dimostrata dall’obiettore col sottostare alla sanzione penale pur di non venir meno ai propri profondi convincimenti ideologici». Nessuno chiede, ovviamente, che questi ragazzi siano sanzionati. Ma forse avrebbero potuto scegliere una forma di disobbedienza non confondibile con il mero desiderio di risparmiarsi lo studio necessario a preparare l’esame.
3. Vale sempre il vecchio detto: fa più rumore un albero che cade (in questo caso: l’alzata di ingegno di uno) che una foresta che cresce. Migliaia di studenti hanno scelto di misurarsi con l’esame: cioè non hanno scelto scorciatoie per raggiungere l’obiettivo. Anche loro non sono stati capiti, anche loro hanno problemi esistenziali, anche loro vogliono richiamare l’attenzione e tutte le altre sacrosante ragioni accampate da chi ha avuto l’alzata di ingegno. Ma non si sono sottratti. Forse è quella la maturità.

Alto adige, 15 luglio 2025

l’Adige, 16 luglio 2025

 

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