Noi e il coronavirus. L’esempio della scienza: si vince solo insieme

La possibile epidemia da coronavirus pone una serie di questioni.

A) Innanzitutto ci sono i problemi di natura medico-biologica. Appena dieci giorni dopo la segnalazione del diffondersi di casi di una malattia sconosciuta tra le persone che avevano frequentato un mercato di Wuhan in Cina, gli scienziati hanno rilevato la sequenza genetica del virus che aveva colpito queste persone. Il genoma completo del coronavirus (il cui nome è 2019-nCoV) è stato pubblicato in GenBank, un archivio digitale ad accesso aperto, liberamente e gratuitamente fruibile dagli studiosi di tutto il mondo in tempo reale. Dodici giorni dopo, con un articolo pubblicato su bioRxiv, alcuni ricercatori statunitensi hanno dimostrato che il coronavirus usa le stesse modalità della SARS per aggredire le cellule umane (informazione importante per capire come reagire). Altri scienziati cinesi hanno prodotto un kit che diagnostica la malattia in quindici minuti. Le previsioni ci dicono che entro tre mesi potrebbe essere pronto un vaccino contro questo virus. Insomma: i sapienti di tutto il mondo stanno collaborando in maniera veloce e piena per apprestare una difesa che protegga l’umanità da questa nuova minaccia.

B) Ci sono poi i problemi di politica sanitaria. Occorre evitare che il contagio si propaghi. Come è noto in Cina sono state isolate intere città, alcune molto popolose. Negli aeroporti di tutto il mondo sono state prese misure per intercettare gli ammalati. Anche in Italia è stato dichiarato lo stato di emergenza, dopo che l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato lo stato di emergenza globale. I reparti di malattie infettive sono pronti a farsi carico degli eventuali soggetti colpiti. Soprattutto si chiede alla popolazione di fare la propria parte adottando accorgimenti di igiene semplici ma efficaci. Soprattutto l’invito è quello a non abbandonarsi alla paura o al panico.

C) I problemi di natura sociale. Il pericolo più insidioso è rappresentato proprio da alcune derive che possono innescarsi in momenti come questo. Due dati per comprenderne la portata. Il 30 gennaio, Facebook ha comunicato la propria intenzione di collaborare con l’OMS in due modi: da un lato rimuovendo immediatamente i post che forniscono informazioni fasulle sul virus o generano allarmi ingiustificati, dall’altro aiutando i propri utenti a trovare informazioni utili (ad esempio facendo vedere dei post informativi in cima alla bacheca personale del social network più diffuso). Inoltre Facebook sta fornendo ai ricercatori della Scuola di salute pubblica di Harvard e della Università Tsing Hua di Taiwan i dati in proprio possesso (anonimizzati e aggregati) circa la mobilità e la densità della popolazione ai fine di migliorare i modelli di previsione della diffusione del virus. Il secondo dato riguarda l’Università di Berkeley che ha ritirato un post su twitter nel quale si diceva che come conseguenza del coronavirus si sarebbero diffusi sentimenti di xenofobia nei confronti della comunità cinese. Dopo che qualcuno aveva fatto notare che in questo modo si “normalizzava il razzismo” la prestigiosa università ha fatto marcia indietro dicendo di essere stata fraintesa. I rischi in situazioni come questa è che si diffondano notizie false e che si considerino pericolose persone per il solo fatto di avere certi tratti somatici anche se nessun contatto hanno avuto con il virus. Sabato primo febbraio questo giornale ha raccolto l’amarezza di una mediatrice culturale cinese che vive in Trentino da 27 anni e che sta vivendo la dolorosa esperienza di essere evitata e allontanata anche se non ha relazioni con la Cina.

D) I problemi economici. Abbiamo già idea delle ricadute economiche di quanto sta avvenendo. Basti ricordare quanto avvenne all’epoca della crisi della cosiddetta “mucca pazza”, allorché la paura di mangiare la carne provocò ingenti danni a quel settore della filiera agroalimentare. Sarebbe miope pensare che una riduzione del PIL cinese avrebbe un impatto solo su quel paese: l’interrelazione ormai stretta tra le economie del pianeta renderebbe inevitabili effetti a cascata.

Cosa possiamo imparare da questa vicenda? Il 2020 si è aperto (ma sembra già tanto tempo fa) con l’uccisione del generale iraniano Soleimani per ordine di Trump. Il mondo è stato in ansia nel timore di una escalation militare dalle conseguenze imprevedibili ma certamente distruttive. Oggi il coronavirus ci fa capire che l’umanità ha nemici che possono colpirla nel suo insieme. Possiamo scegliere di comportarci in modo da aggravare le cose: ad esempio diffondendo notizie false, ovvero coltivando le paure più irrazionali come credere che tutto ciò che richiama il dragone rosso sia un potenziale pericolo pur sapendo che il contagio può avvenire per strade molto diverse e apparentemente innocue.

Oppure possiamo scegliere di fare nel nostro piccolo la nostra parte per sconfiggere il male tutti insieme seguendo l’esempio degli scienziati di tutto il mondo che in questo momento stanno cooperando per vincere il coronavirus. In altre parole, come sempre, possiamo scegliere se essere parte del problema o parte della sua soluzione.

l’Adige 4 febbraio 2020

 

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