Il 14 novembre 2002 Giovanni Paolo II, durante la visita al Parlamento riunito in seduta pubblica comune per ascoltarlo, disse: «Merita attenzione la situazione delle carceri, nelle quali i detenuti vivono spesso in condizioni di penoso sovraffollamento. Un segno di clemenza verso di loro mediante una riduzione della pena costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità, che non mancherebbe di stimolarne l’impegno di personale ricupero in vista di un positivo reinserimento nella società». La richiesta, rivolta a deputati e senatori, di approvare una legge di amnistia per i detenuti fu un atto di ingerenza negli affari dello Stato italiano?

Il 25 novembre 2014 Papa Francesco nel discorso al Parlamento europeo disse (tra l’altro): «Da più parti si ricava un’impressione generale di stanchezza, d’invecchiamento, di un’Europa nonna e non più fertile e vivace. Per cui i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva, in favore dei tecnicismi burocratici delle sue istituzioni». Criticare il modo di essere dell’Unione europea accusandola, sostanzialmente, di aver tradito gli ideali che l’hanno fatta nascere fu un atto di ingerenza negli affari della stessa Unione e degli Stati che la compongono?

Il 21 aprile 1978 Paolo VI scrisse una lettera agli uomini delle Brigate Rosse per chiedere loro di restituire alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l’onorevole Aldo Moro, Presidente del più grande partito italiano in quel momento. Fu un atto di ingerenza negli affari dello Stato italiano?

Il 15 maggio 1891 Leone XIII, nella enciclica “Rerum novarum” pose con forza la “questione operaia” dando origine alla cosiddetta dottrina sociale della Chiesa. Egli scrisse: «È chiaro come sia di estrema necessità venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si trovano in assai misere condizioni, indegne dell’uomo. Poiché… avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi in balia della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza … Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all’infinita moltitudine dei proletari un gioco poco meno che servile». Quella enciclica fu un atto di ingerenza negli affari degli Stati impegnati a trarre beneficio dalla rivoluzione industriale?

Il tema dei rapporti tra Stato e Chiesa è complesso e risalente. Un paio di punti, però, possono e debbono essere tenuti fermi.

1) La Chiesa e le autorità delle diverse confessioni religiose hanno diritto, come tutti, di esprimere le proprie idee e di adoperarsi perché le stesse si affermino. E lo Stato deve garantire tale diritto.

2) Istituzioni civili e istituzioni religiose sono cose molto diverse. E nella nostra cultura occidentale il diritto dello Stato si differenzia nettamente dai precetti religiosi oltre che dalla morale e dall’etica. Lo Stato, pertanto, sulla base delle regole relative alla produzione normativa, ha il diritto e il dovere di legiferare in totale autonomia. È avvenuto su temi come il divorzio, l’interruzione volontaria della gravidanza, le unioni civili, il testamento biologico e tante altre materie sulle quali il contrasto di visioni può diventare molto acuto.

Resta infine una considerazione di ordine generale. L’eventuale ingerenza negli affari interni dello Stato non dovrebbe essere giudicata a corrente alternata, denunciandola o meno a seconda della convenienza. Chi oggi, a sinistra, volesse dare un giudizio equilibrato dovrebbe ammettere che, di questi tempi, le cose più di sinistra capita di leggerle su Avvenire, ad esempio quando il giornale della CEI difende l’accoglienza senza se e senza ma, invocando la chiusura dei campi di raccolta in Libia, oppure nelle encicliche di Papa Francesco quando si prende posizione a favore degli ultimi della terra e si stigmatizza l’imperante “cultura dello scarto”.

l’Adige, 29 giugno 2021

Alto Adige 29 giugno 2021

 

 

Skip to content