Da tempo molti leader politici ripetono di considerare obsolete le categorie di «destra» e «sinistra» e che il loro compito sia esclusivamente quello di risolvere i problemi concreti delle persone. In detta prospettiva sembra che i problemi assumano una centralità di natura oggettiva, ovvero siano spogli di qualsivoglia implicazione ideologica e valoriale.

Ma le cose stanno realmente così? Partiamo da alcuni esempi.

Un problema davvero sentito è quello della disoccupazione/sottooccupazione giovanile. A ben vedere, però, ci sono persone che traggono vantaggio dall’avere a disposizione una riserva di lavoratori altamente qualificati in concorrenza tra loro e pertanto impiegabili a basso costo. Per costoro la disoccupazione giovanile non è affatto un problema, anzi.

Oppure si pensi alla interruzione volontaria della gravidanza. Qual è il problema in questo caso? La tutela della libera determinazione della donna o la tutela della vita del nascituro? E quando si parla di suicidio medicalmente assistito il problema è assecondare la volontà di chi non vuole più continuare a vivere oppure non rendersi complici di un supposto omicidio in nome della sacralità della vita umana?

O, ancora, si pensi alle condotte criminali: il problema è punire o rieducare? E riguardo alle attività produttive inquinanti il problema è tutelare i posti di lavoro oppure salvaguardare l’ambiente?

Gli esempi potrebbero continuare all’infinito. Ma quelli esposti sono più che sufficienti a trarre una prima conclusione.

La realtà è contraddistinta da fatti o eventi, provocati o meno dall’uomo, suscettibili di osservazioni dirette. I fenomeni osservabili, a loro volta, possono diventare dei problemi.

Ma perché un fenomeno osservabile diventa un problema? Si prenda il fenomeno delle migrazioni. Perché sono un problema? In che senso sono un problema? E un problema per chi? Per quelli che lasciano la propria terra o per quelli che risiedono nei luoghi di approdo? Per le forze dell’ordine o per le strutture sanitarie? Per gli operatori economici o per i difensori dell’identità?

Un problema tutto è tranne che un dato oggettivo: la formulazione di un problema è una scelta, un punto di vista. Le persone e i gruppi vedono i problemi dal loro angolo di visuale. La definizione dei problemi ha natura intrinsecamente politica.

Esiste poi un secondo elemento da prendere in considerazione.

Ogni problema non ha mai una sola soluzione. Ad esempio: si suole ripetere che uno dei problemi italiani sia la lungaggine delle procedure parlamentari necessarie per approvare una legge. Ma detto problema si risolve abolendo una delle due Camere? Oppure differenziando le funzioni della Camera e del Senato? Per ulteriori esempi, c’è solo l’imbarazzo della scelta. La corruzione si combatte ex post inasprendo le pene, oppure si combatte ex ante istituendo una autorità anticorruzione con il compito di prescrivere una serie di adempimenti che però rendono più complicate le procedure? La sicurezza sui luoghi di lavoro si ottiene imponendo dettagliate prescrizioni alle imprese oppure attribuendo a queste ultime il potere di dotarsi di propri piani della sicurezza la cui idoneità va valutata se qualcosa va storto? L’alto numero di processi civili si affronta riducendo la domanda (ovvero: rendendo più difficile l’accesso alla giustizia) oppure incrementando l’offerta di giustizia (più giudici, più tribunali vicino casa, e così via)? Una maggiore presenza delle donne negli organi decisionali si persegue istituendo le cosiddette “quote rosa” oppure premiando fino in fondo il merito?

Alla luce di quanto detto si può affermare che i problemi e le soluzioni dei problemi non hanno natura oggettiva: formuliamo problemi e soluzioni sulla base delle nostre scale valoriali o quanto meno sulla base di ciò che riteniamo essere i nostri interessi.

Così, anche se anche fosse vero che destra e sinistra non esistono più, vien quanto meno da pensare che esistano modi molto diversi di guardare ai problemi e alle soluzioni. L’uguaglianza è più importante della crescita economica oppure è vero il contrario? La speculazione finanziaria è deteriore oppure è uguale alle altre attività economiche? Il terzo mondo può crescere meglio con aiuti allo sviluppo oppure con il libero commercio? Spendere denaro pubblico per creare posti di lavoro è positivo o negativo? Lo Stato deve svolgere attività economiche in prima persona oppure no? Si deve fissare un tetto alle retribuzioni degli amministratori di società oppure no? Deve essere garantito un salario minimo oppure la retribuzione del lavoro va lasciata al mercato? Rientra tra i compiti dello Stato quello di redistribuire la ricchezza oppure no? La pena di morte è ammissibile oppure no?

Forse le categorie di destra e di sinistra appartengono al passato. Certamente non è andata in soffitta la necessità di avere chiavi di lettura del mondo che poi altro non sono che le scale valoriali con cui guardiamo ai problemi della società e cerchiamo le soluzioni agli stessi. A pensarci, proprio a considerazioni di questo tipo è (era?) ancorato il senso della presenza in politica dei cattolici e dei laici (o di quello che ne resta).

 

l’Adige, 24 agosto 2022

Alto Adige, 24 agosto 2022

 

Approfondimenti

Il problem solving nelle professioni legali

La creatività del giurista

Skip to content